Medioevo: quando il Cristianesimo liberò le donne

di Jacques Le Goff

Maria, Maria Maddalena, Marta… I Vangeli sono abitati da figure femminili che circondano Cristo e lo ispirano. Il cristianesimo medievale, lungi dal rinchiudere la donna in un ruolo secondario, l’ha autenticamente posta a fianco dell’uomo.

La donna, nel Medioevo, è in gran parte identificabile, nella visione della Chiesa, con due figure antitetiche, quella di Eva, la peccatrice e la tentatrice, e quella di Maria, la madre di Cristo. Certo, l’atteggiamento della Chiesa nei confronti delle donne nel Medioevo non può risolversi in questa antitesi, ma bisogna riconoscere che essa è centrale. Vorrei tuttavia ricordare che il culto mariano, fondamentale nella religione e nella società medievali (è difficile isolare, nel Medioevo, la religione da tutto il resto, poiché essa è pervasiva) ha inizio, in Occidente, solo nell’XI secolo, a differenza di quanto accade nel mondo bizantino. È soprattutto a partire dal XII secolo che la figura di Maria si impone, mentre la figura di Eva, quasi sempre complemento della coppia che forma con Adamo, si era già imposta da molto tempo. Vorrei anche sfumare l’idea che abbiamo di una opposizione netta tra la figura di Eva e quella di Maria: dopo il Medioevo molto spesso si è irrigidita ed esasperata questa antinomia, facendo in particolare di Eva la peccatrice e la tentatrice. Tuttavia, molto precocemente, Eva è stata utilizzata come immagine simbolica della Chiesa: essa non poteva quindi essere considerata in modo totalmente negativo dagli uomini di quel tempo. Nel Medioevo la Chiesa è una persona, se ne parla come se fosse tale. È molto interessante a questo proposito notare che, simbolizzata da Eva, essa partecipa per questo al peccato originale. La cristianità è diretta da un’istituzione non esente da errori e da peccato, fallibile; concetto, questo, che per noi contemporanei è scontato. Si relativizza così l’atteggiamento di Giovanni Paolo II, che alcuni trovano particolarmente sconvolgente, rivoluzionario, e che invece non fa altro che riallacciarsi all’antichissima tradizione del cristianesimo. Per capire il contenuto di questa allegoria, è necessario non dimenticarsi che il cristianesimo medievale ha costantemente cercato nella Bibbia riferimenti e spiegazioni alle realtà del suo tempo. In Eva, quindi, è stata trovata una sorta di figura primitiva, primigenia, della donna. La società medievale, che non possiede il senso della storia, ha naturalmente rappresentato la Chiesa in questa prospettiva eterna, astorica. Eva è la prima creatura femminile di Dio e, di conseguenza, è essa stessa un’istituzione divina: credo che sia questo fatto che ha indotto gli esegeti a elevarla a simbolo della Chiesa. Veniamo ora all’idea del suo secondo posto, essendo il primo naturalmente riservato all’uomo. In altri termini, come definisce la tradizione cristiana il posto della donna sul piano divino? Eva è una creazione diretta e volontaria di Dio, ma in effetti è apparsa tardi, dopo tutto il resto della Creazione. Vi sono state anche interpretazioni, del tutto ortodosse, del testo della Genesi che hanno ritenuto Eva il risultato di una sorta di pentimento di Dio: Egli avrebbe inizialmente pensato di creare un uomo, se non asessuato, almeno dotato di entrambi gli attributi sessuali, androgino. E poi, dopo aver valutato negativamente questa soluzione, avrebbe preferito creare una donna a fianco dell’uomo, Adamo. Da tutto questo deriva la convinzione che la distinzione dei sessi sia stata un’idea secondaria nella mente del Creatore e non un’idea primigenia. Perché gli esegeti hanno ritenuto fosse così? Innanzi tutto perché Eva è stata creata dopo tutto il resto del mondo, e poi perché, come gli animali, essa non ha ricevuto il nome direttamente da Dio, ma da Adamo: Dio l’ha creata senza attribuirle un nome, e una creazione senza nome è una creazione imperfetta. Per finire, Dio, al momento di darle la vita, annuncia che lo fa per non lasciare solo Adamo; da ciò si può inferire non solo una secondarietà, ma per sino una sorta di assoggettamento funzionale della donna nei confronti dell’uomo, poiché la sua ragione di essere sta nel tenergli compagnia. Eva è in effetti stata creata da una costola di Adamo, da cui dipende quindi anche nella sua esistenza carnale. Essa è un pezzo di Adamo, ma non possiamo accontentarci di questa definizione. Sono fioriti innumerevoli riflessioni e commenti sul passo della Genesi che narra la creazione di Eva. Uno dei più interessanti, a mio avviso, è quello di Tommaso d’Aquino, nel XIII secolo. Egli afferma, a grandi linee, che Dio ha creato Eva da una costola di Adamo e non l’ha creata dalla testa o dai piedi; se l’avesse creata dalla testa, ciò avrebbe voluto dire che Egli vedeva in lei una creatura superiore ad Adamo, al contrario, se l’avesse creata dai piedi, l’avrebbe considerata inferiore: la costola si trova a metà del corpo, e la scelta quindi stabilisce l’uguaglianza, nella volontà di Dio, di Adamo e di Eva. Io ritengo che l’idea che la donna sia uguale all’uomo abbia determinato la concezione cristiana della donna e abbia influenzato la visione e l’atteggiamento della Chiesa medievale nei suoi confronti.

Eva – architrave dalla Cattedrale di Autun – XII secolo

Per le nozze ci vuole il suo sì Credo che tale rispetto della donna sia una delle grandi innovazioni del cristianesimo; pensiamo alla riflessione che la Chiesa ha condotto sulla coppia e sul matrimonio, fino a giungere alla creazione di tale istituzione, ora tipicamente cristiana, formalizzata dal quarto concilio Lateranense nel 1215, che ne fa un atto pubblico (da cui la pubblicazione dei bandi) e, cosa fondamentale, un atto che non può realizzarsi se non con il pieno accordo dei due adulti coinvolti. Ciò che mi pare rilevante nelle disposizioni del concilio Lateranense è il fatto che il matrimonio diventa impossibile senza l’accordo dello sposo e della sposa, dell’uomo e della donna: la donna non può essere data in matrimonio senza il suo consenso, essa deve dire sì.

Scena nuziale, miniatura – XIII secolo.

La novità cristiana. Si potrà controbattere che questi sono principi, ma la realtà è ben diversa… Effettivamente, ci sono stati pochi matrimoni in cui il consenso della donna è stato decisivo; il matrimonio ha continuato ad essere un elemento fondamentale nelle strategie familiari, o di lignaggio, nel caso di matrimoni nobili, oppure dinastiche nel caso di matrimoni reali. Georges Duby ha descritto efficacemente il ruolo di paraninfo del re d’Inghilterra, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo; egli intervenne in particolare nei confronti di Guglielmo il Maresciallo, suo vassallo, uomo di guerra e consigliere, ricompensato dal re con un brillante matrimonio. Ma anche negli ambienti contadini è il parentado, più precisamente i genitori, che impongono il matrimonio; e lo impongono soprattutto alla donna. Ciò nonostante, e vorrei insistere poiché non credo affatto che la teoria sia irrilevante, teoricamente il matrimonio si fonda sulla volontà reciproca dell’uomo e della donna. E la Chiesa, per giustificare questa disposizione, ricorda in prima istanza il matrimonio di Adamo ed Eva e poi, soprattutto, quello di Maria e Giuseppe. Nell’ebraismo, la donna è quasi del tutto subordinata al marito; la questione è un po’ più complessa, e in un certo modo prefigura il cristianesimo, nel paganesimo romano, poiché, da un lato la donna romana è una persona con minori diritti, non può cioè compiere un certo numero di atti giuridici senza il consenso del marito, dall’altro, i romani sviluppano una concezione egualitaria di questa unione, che si traduce con la celebre formula «Ubi Gaius tu Gaia», «Laddove sono Gaio, tu sei Gaia». Insomma, credo vi sia stata un’autentica promozione della donna, messa in luce, almeno a livello dottrinale, dal cristianesimo e ritengo che ciò sia stato avvertito come tale, al di là di tutte le consuetudini familiari e sociali che tendevano a mantenerla in una condizione di inferiorità. I testi che si citano sempre condannano l’atto sessuale o ritengono la donna responsabile della tentazione: si tratta di una certa forma di divulgazione della dottrina. Ma di cosa è rappresentativa, esattamente? Si dice spesso che in caso di adulterio non vi è uguaglianza fra uomo e donna. Ora, in un certo numero di casi molto particolari, e spesso molto famosi, l’uomo è stato severamente condannato dalla Chiesa, pensiamo al re di Francia Roberto il Pio o a Filippo Augusto. Roberto il Pio, nei primi anni dell’XI secolo, dovette separarsi dalla seconda moglie, Berta di Blois, poiché il clero lo considerava bigamo (la prima moglie era ancora viva) e incestuoso (i due erano consanguinei in terzo grado). Il papa Innocenzo III, invece, eletto nel 1198, lanciò l’interdetto contro il regno di Filippo Augusto, che aveva ripudiato nel 1193 la moglie, Ingeborg di Danimarca, e aveva sposato Agnese di Merania. Negli statuti urbani del XII secolo in Italia e del XIII in Francia, si trovano articoli sulla punizione dell’adulterio che prevedono dure pene sia per gli uomini che per le donne. Così, ad esempio, le Consuetudini di Tolosa del 1293, che raccomandano e illustrano in un disegno la castrazione di un marito adultero…

Scena nuziale, miniatura – XIII secolo

Il culto della Maddalena. Il fondamento del pensiero e della pratica cristiani, nel Medioevo, sono le Sacre Scritture. Abbiamo rapidamente commentato la creazione di Eva nella Genesi. Vi sono, ben inteso, numerose figure di donne nell’Antico Testamento, perverse come Dalila, virtuose come Rachele, eroiche come Ester… e sempre secondarie rispetto agli uomini. Poi, giunge la rivoluzione del Nuovo Testamento. Gesù è accompagnato fino alla fine da sua madre. Dispensa il proprio insegnamento a Marta e a Maria. Resuscita Lazzaro, per rispondere al desiderio delle sorelle. Una delle più belle figure femminili dei Vangeli è, evidentemente, Maria Maddalena, creatura complessa, una sorta di smentita apportata all’immagine negativa di Eva, votata al peccato: Maria Maddalena ha peccato, ma non è nella sua natura, è capace di ripensare se stessa e di pentirsi, e Gesù afferma che essa è migliore, nella sua debolezza e nella sua redenzione, di coloro che non hanno mai peccato. Il culto di Maria Maddalena esploderà alla fine del Medioevo: ne ha parlato in modo dettagliato e apprezzabile Georges Duby. Ai piedi della croce vi sono Giovanni, il discepolo preferito, Maria e Maria Maddalena a partecipare all’agonia di Gesù. Sono essi che seppelliscono il Dio sofferente; e tre giorni dopo, sono delle donne che scoprono che la tomba è vuota e diffondono la notizia della resurrezione… Non si può certo dire che i Vangeli siano una questione fra uomini! Tale concezione radicalmente nuova dei rapporti tra uomo e donna avrà ripercussioni sulla struttura stessa della Chiesa, sulla sua gerarchia. So bene che non vi sono donne sacerdote, ancora meno papa, ma, a partire dal Medioevo, esse possono trovare collocazione nel clero regolare, realizzarsi, essere riconosciute al pari degli uomini ed esercitare potere: all’epoca, contava qualcosa essere badesse! È una donna, Maria, a chiedere a Gesù di compiere il primo miracolo, ed Egli obbedisce, trasformando l’acqua in vino, alle nozze di Cana. Questo è un episodio proprio difficile da interpretare! Ciò che possiamo notare, è che la scena ha luogo prima dell’inizio della predicazione pubblica di Gesù, e che Maria lo incita a fare qualcosa per la prima volta. È come se lei lo rivelasse a se stesso; anche la sua filiazione divina gli è stata rivelata, Egli non ne era a conoscenza prima: e chi meglio di una madre può rivelare il segreto delle origini? Maria, nel Medioevo, era, credo, profondamente venerata, malgrado il monoteismo ortodosso, come una sorta di quarta componente divina, la quarta persona della Trinità. Ho esitato a lungo prima di esprimere questa intuizione, ma mi pare corrisponda alla verità della fede medievale. Ma è così; pensiamo a tutti i dibattiti intorno all’Immacolata Concezione, dogma vigorosamente combattuto anche da personaggi come san Bernardo e san Tommaso d’Aquino, ufficialmente r iconosciuto solo nel 1854: ritengo che la violenza di questo rifiuto, da parte di alcuni santi e alcuni eminenti teologi, avesse origine, certo, da una sorta di impossibilità a giustificarlo teologicamente, ma anche dal fatto che vedessero in questa «eresia» il fondamento o la conseguenza di una devozione quasi pagana a Maria, una sorta di ritorno al culto pagano delle dee madri. Sono persuaso che nel Medioevo si sia effettivamente assistito a una divinizzazione di Maria. Sicuramente tale fenomeno si potrebbe interpretare come una forma di politeismo, ma, per quel che mi riguarda, voglio leggervi la valorizzazione della donna nella religione e trovo che sia un fatto estremamente positivo. Una delle mie convinzioni più salde, confortata dai progressi degli studi storici è che il Medioevo, era di tenebre e di violenza, sia stato anche e soprattutto un momento decisivo per la modernizzazione dell’Occidente. Si pensi ad esempio all’evoluzione dell’interesse estetico, nell’Antichità volto soprattutto alla celebrazione di un ideale maschile e che nel Medioevo evolve verso la celebrazione del corpo – e soprattutto del viso – della donna. Non credo ci si debba vedere una «strumentalizzazione», come si dice oggi, della donna, donna-oggetto, semplice oggetto del desiderio. No, credo che vi sia stata una vera e propria promozione della donna, attraverso, in particolare, le rappresentazioni del corpo di Eva, occasione insperata per gli artisti che finalmente potevano rappresentare la donna nuda, e il volto di Maria. Nella dottrina della Chiesa vi è senz’altro un certo grado di paura della donna, che è stata, come ha detto Jean Delumeau, una delle grandi paure dell’Occidente, e la Chiesa non l’ha ancora del tutto superata. Ma è una questione che dipende dalla Chiesa o dagli uomini? È così facile liberarsene? Questo aspetto è veramente cambiato? Veniamo alle sante: un’altra occasione, se così si può dire, di promozione della donna nell’universo cristiano. Vi sono state molte donne martiri; esse hanno forzato molto presto le porte della santità. Vi sono molte sante alle quali i fedeli si rivolgono con devozione. Ma sono necessari alcuni riferimenti cronologici. Durante i primi secoli del Medioevo, il modello maschile della santità è la figura del vescovo: i santi sono nella maggior parte dei casi dei vescovi – trasposizione nella gerarchia celeste della gerarchia terrestre. Si impone, in seguito, lentamente, la santità delle badesse, ricordiamo ad esempio Ildegarda di Bingen, badessa renana del XII secolo, grande mistica, ma anche coraggiosa studiosa razionale, la cui autorità e il cui prestigio esercitarono un notevole potere all’epoca. Infine, a partire dal XIII secolo, con la comparsa del misticismo, in modo eclatante, le donne si impongono di nuovo nell’universo della santità. Una scrittura, quella delle sante mistiche, che con tutta evidenza privilegia l’interiorità, l’esperienza di sé. Penso che abbia potuto modificare la sensibilità occidentale, e penso anche che sia una sfera da cui gli uomini sono stati esclusi. Il misticismo femminile è infatti una tendenza molto occidentale, al contrario di ciò che avviene invece in Oriente, dove il personaggio chiave dell’effusione mistica è lo sciamano, che è anche stregone. La Chiesa accoglie il misticismo e respinge la stregoneria, separa questi due universi, li definisce come antagonisti, anche se entrambi sono abitati essenzialmente da donne.

Maria Maddalena porta lannuncio agli Apostoli – miniatura dal Salterio di St. Albans – XII secolo

Donne al potere. Le donne hanno avuto senza alcun dubbio un ruolo politico molto importante durante il Medioevo, ma vorrei tornare sul fatto che non mi piace utilizzare il termine «politico», come non mi piace utilizzare il termine «religione», riferendomi a questo periodo; sono parole che non esistono nel Medioevo, che non corrispondono ad alcuna categoria intellettuale. Allora, se vuole, si può parlare del ruolo delle donne nel governo – neanche questo termine esiste all’epoca, ma è meno arbitrario utilizzarlo. Perché in Francia, in virtù della legge salica, le donne sono state escluse dalla successione diretta e dal trono? Vi è stato un abbozzo di teorizzazione all’inizio del XIV secolo, dopo la morte dell’ultimo figlio di Filippo il Bello, per escludere il re d’Inghilterra dalla successione al trono. Poi, alla fine del regno di Carlo V, nel XV secolo, si «inventa» la legge salica, applicata nel regno di Francia. Ma quest’idea non riusciva a imporsi nel sistema feudale, che non vedeva sistematicamente escluse le donne. Bianca di Castiglia, nel XIII secolo, ha tenuto senza impedimenti le redini del regno. In Francia il potere reale è stato precocemente e rigidamente affidato solamente a uomini, più per ragioni pratiche che teoriche: il capo del regno deve infatti essere forte, innanzi tutto fisicamente, poiché deve essere un guerriero.

Ma per la donna il vero secolo buio è l’800. In linea generale, penso che sia necessario ponderare sia la visione negativa, sia la visione dorata della condizione femminile nel Medioevo. Oggi si tende a sminuire il ruolo della donna, sia nel cristianesimo sia nella storia dell’Occidente. Mi colpiscono i progressi che la donna ha fatto nella società cristiana del Medioevo, anche se ciò non deve indurci a ritenere che vivesse in una situazione di uguaglianza con l’uomo; bisogna considerare però che si partiva da molto lontano… e vedremo anche che in seguito sarà peggio: sono profondamente convinto che non vi sia stata peggiore condizione femminile di quella della donna in Europa nel XIX secolo. La cosa peggiore per la donna è stata la diffusione e il trionfo dei valori borghesi. E praticamente la borghesia non esisteva prima del XIX secolo. Nel Medioevo vi sono nobili e contadini e certo non sono essi a mostrarsi più duri con le donne.

Oggi meno donne al potere che nel medioevo Facciamo dunque attenzione alle illusioni, diffidiamo dell’idea che il progresso sia irreversibile, costante, in movimento lineare dai tempi passati all’epoca contemporanea. Oggi il numero di donne che ha accesso alle più alte sfere del potere è molto ridotto. In Occidente non vi sono più donne Primo ministro di quante fossero nel Medioevo regine o reggenti.

Sepolcro di Eleonora dAquitania – Abbazia di Fontevraud – XIII secolo

Le regine

Teodolinda (?-628) Regina dei longobardi. Cattolica – mentre la gran parte dei longobardi era ariana – cercò un avvicinamento con la Chiesa di papa Gregorio Magno, con il quale intratteneva uno scambio epistolare. Furono restituiti così beni alla Chiesa, reinsediati vescovi e avviati sforzi per comporre lo scisma tricapitolino che divideva il papa di Roma dal patriarca di Aquileia. Il suo aperto incoraggiamento dato alla riforma monastica di san Colombano approdò, nel 612, alla fondazione del monastero di Bobbio. Fu sepolta nel Duomo di Monza, da lei voluto. Fu in seguito canonizzata.

Matilde di Canossa (1046-1115) Marchesa di Toscana, signora di immensi domini in Toscana, Emilia e Lombardia, sposò prima Goffredo di Lorena, e poi Guelfo di Baviera. Motivi religiosi e politici la indussero a schierarsi costantemente al fianco del papato nella lotta per le investiture. Sconfitta negli anni seguenti dalle armate imperiali, si sottomise formalmente a Enrico V, mantenendosi poi neutrale nelle lotte tra papato e impero, che in seguito a lungo si contesero la sua eredità.

Eleonora di Aquitania (1122-1204) Figlia di Guglielmo IX, ultimo duca d’Aquitania, sposò Luigi VII di Francia. Annullato il matrimonio, Eleonora sposò Enrico Platageneto, conte d’Angiò e duca di Normandia, divenuto nel 1154 re Enrico II d’Inghilterra. Allontanata anche da quest’ultimo, tenne corte a Poitiers, circondandosi di poeti e artisti. Reggente d’Inghilterra durante la crociata del figlio Riccardo Cuor di Leone (1189-1194) si ritirò, infine, nell’abbazia di Fontevrault.

Ildegarda di Bingem – Miniatura dal Liber Divinorum Operum – XIII secolo

Le mistiche

Ildegarda di Bingen (1098-1179) Di nobili origini, Ildegarda fu messa a otto anni sotto la guida della badessa Jutta di Spanheim. Le successe nel 1136 alla guida del monastero benedettino di Disinbodenberg, in Germania. Ne fondò altri, tra cui Bingen, in cui si trasferì e dove morì nel 1179. Ebbe molte visioni, delle quali scrisse a Bernardo di Chiaravalle, che ne apprezzò il genio femminile. La lode del creato la portò a scrivere anche trattati di botanica. Ma il suo talento enciclopedico si espresse in particolare nel canto. Fu forse la prima donna musicista della storia cristiana.

Angela da Foligno (1248-1309) Una delle prime mistiche italiane, Angela nacque nella cittadina umbra di Foligno. In gioventù indulse alle vanità femminili, vivendo poi in una tranquilla agiatezza. Dopo essersi recata ad Assisi ed aver avuto esperienze mistiche avviò un’intensa attività apostolica. Una volta morti marito e figli diede tutti i suoi averi ai poveri ed entrò nel Terz’Ordine Francescano.

Giuliana di Norwich (1342-1416) È considerata una delle più grandi mistiche inglesi. All’età di trent’anni, soffrendo per una grave malattia e credendosi prossima alla morte, Giuliana ebbe una serie di intense visioni. Queste sarebbero state vent’anni dopo la fonte della sua opera principale, chiamata Sedici Rivelazioni dell’Amore Divino. Probabilmente il primo libro scritto da una donna in lingua Inglese.

Le sante

Chiara d’Assisi (1193-1253) Aveva appena dodici anni Chiara quando Francesco d’Assisi compì nella pubblica piazza il gesto di spogliarsi di tutti i vestiti per restituirli al padre. Conquistata dal suo esempio, la giovane, della nobile famiglia degli Offreducci, sette anni dopo lo raggiunse alla Porziuncola. Fondò l’Ordine delle «povere recluse di San Damiano» di cui fu nominata badessa e di cui Francesco dettò una prima Regola. Per aver contemplato, nella notte di Natale, sulle pareti della sua cella, il presepe e le funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è stata scelta da Pio XII quale protettrice della televisione. Erede dello spirito francescano, si preoccupò di diffonderlo, distinguendosi per un culto speciale del SS. Sacramento, che salvò anche il convento di Chiara dai saraceni.

Caterina da Siena (1347-1380) Caterina non va a scuola, non ha maestri. I suoi avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana, e poi cenacolo di artisti, dotti e religiosi. Lei impara a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi parla a papi e re, a donne di casa e a regine, e pure ai detenuti. Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia.

La poetessa Maria di Francia in una miniatura di XIV secolo

Le scrittrici

Maria di Francia Poetessa e favolista in lingua d’oil fra il XII e il XIII secolo. Figura sfuocata dal punto di vista storico (forse figlia illegittima di Goffredo IV d’Angiò), non lo è da quello della personalità letteraria, tanto che soprattutto per i suoi Lais era nota anche ai poeti in lingua del sì della successiva generazione. Tra questi, autrice di soli tre sonetti studiatissimi, c’è anche una poetessa: quella Compiuta che ora viene definita “da Firenze” e che qualche tempo fa era famosa come “la Compiuta Donzella”, unica presenza femminile fra i lirici toscani che precedono gli Stilnovisti.

Christine de Pizan Il connubio ideale fra Italia e Francia del Medioevo raggiunge il culmine con un personaggio che deve molto a entrambi i paesi: Christine de Pizan, nata nel 1364 a Venezia da genitori italiani, ma vissuta per quasi tutta la sua vita in Francia, in cui stentò inizialmente a farsi accettare ma infine riuscì a diventare una figura di spicco dell’editoria e anche della politica. Infatti l’autrice di molte opere celebrate, tra cui La città delle Dame, i trattati polemici contro il Roman de la Rose, e un poemetto su Giovanna d’Arco, era anche una rinomata copista: oggi sarebbe stata un’editrice. Costretta a lavorare dalla precoce vedovanza per provvedere ai tre figli, la sua scelta di una professione letteraria, esercitata con orgoglio, fa di lei una pioniera delle conquiste narrative e poetiche delle autrici del ‘900.

L’autore e il libro Jacques Le Goff è considerato uno dei più insigni medievisti contemporanei. Allievo di March Bloch, erede dello spirito de Les Annales, è direttore di ricerca dell’«École des Hautes Études en Sciences Sociales». È autore di numerose opere, fra cui La civiltà dell’Occidente medievale, San Luigi, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, La nascita del Purgatorio, Storia e memoria. Qui pubblichiamo ampi stralci del capitolo «Il cristianesimo ha liberato le donne», presente nel volume Un lungo Medioevo, in libreria per le edizioni Dedalo (pagine 236, euro 20,00). Un testo raccolto a suo tempo da Véronique Sales per la rivista L’Histoire. Fino al XVIII secolo l’immagine diffusa del Medioevo è quella di un’epoca che inizia con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e si conclude con la scoperta (inconsapevole) dell’America. Per l’autore, invece, si tratta di un periodo più esteso, i cui aspetti salienti si prolungano ben oltre il Rinascimento. Un periodo né oscuro, come lo volevano umanisti e illuministi, né completamente dorato, come lo immaginavano i romantici del XIX secolo. Esso è, come ogni periodo della storia, fatto di ombre e luci. Tra queste ultime, l’autore mette in evidenza alcune delle principali forze d’innovazione di quell’epoca, come appunto il riscatto sociale della donna.

 da “Avvenire”, 21/01/2007.

Informazioni su Mercuriade

Buongiorno a tutti! Sono una paleografa con la vocazione per la scrittura e il pallino del Medioevo e delle sue storie. Amo la lettura, la buona musica, la poesia, la filosofia, l'arte, il cinema: in breve, qualunque espressione del buono, del bello e del vero. Nel 2011 ho vinto l'VIII edizione del premio letterario "Il racconto nel cassetto" con il racconto "Il Tamburo delle Sirene", pubblicato dalla Centoautori in "Il Tamburo delle Sirene e altri racconti" (2012). Ho collaborato con il sito di Radio CRC e con il giornale on-line "Citizen Salerno" e ora collaboro con la rivista on-line "Rievocare". Faccio parte del gruppo di living history "Gens Langobardorum" e come rievocatrice indipendente promuovo la Scuola Medica Salernitana, gloria della mia città. Nel 2020 ho pubblicato con la Robin "Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura".
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3 risposte a Medioevo: quando il Cristianesimo liberò le donne

  1. ***** ha detto:

    Non avete riportato niente della vera teologia cristiana. Tommaso d’Aquino negava l’Imago Dei nella donna, e affermava chiaramente che il marito fosse il capo della moglie perché l’uomo aveva un più vigoroso intelletto. Cristo veniva esaltato in quanto maschio, così come l’aspetto mascolino e paterno di Dio. Maria non è una dea, e neanche una semidea, bensì “l’ancella del signore”, ruolo che indica obbedienza e servitù, caratteristiche mariane che vengono tuttora citate. E il fatto che l’esaltassero NON si traduceva nel venerare la donna. Tutt’altro. Esaltavano la Vergine Maria in modo irrealistico per abbassare e umiliare tutte le donne terrene, che vergini e madri di Cristo non lo erano.(le frasi di Tertulliano parlano chiaro, ma se volete nomi medioevali basta Graziano o l’Ambrosiaster)
    Devo citare Gabrina degli Albeti, tra le altre donne mutilate e uccise?
    Fa venire i brividi, il vostro sito, con questo articolo palesemente errato. E ciliegina sulla torta: Caterina da Siena morì di anoressia e di pazzia (visioni e altri comportamenti autolesionistici e masochistici). Con questo articolo fate disinformazione. Almeno per onestà culturale riportate le fonti precise, di ciò che volete affermare. Che Tommaso d’Aquino fosse misogino (questione 92, peraltro, ricalcando Aristotele) e Caterina da Siena anoressica allucinata, come molte altre sante, ormai lo sanno anche i sassi. Fortunatamente, anche se siti filo-cristiani fino alla nausea, come suppongo sia il vostro, vorrebbero far credere il contrario.

    • Mercuriade ha detto:

      Prima di tutto bisogna dire che l’autore dell’articolo è il grande scomparso Jacques Le Goff, uno dei più grandi medievisti del secolo scorso, ed è per la maggior parte estratto da un capitolo del suo libro “Un lungo Medioevo”, in cui si possono tranquillamente rintracciare le fonti che ha utilizzato. E lui non era certamente cristiano, ma di formazione marxista. Infatti la questione non è essere filocristiani o no, quanto quella di riuscire a cogliere le infinite sfumature di colore che la realtà storica ha, rispetto alla tendenza a posteriori di voler vedere tutto in bianco o in nero.
      Riguardo alla teologia vi sono un bel po’ di cose da chiarire, a partire dal fatto che bisogna distinguere la linea ufficiale dalle correnti: che vi siano state correnti misogine che hanno compreso Tertulliano (che tra l’altro finì eretico montanista), l’Ambrosiaster o Graziano nessuno lo mette in dubbio, che tra l’altro si riallacciano quasi senza soluzione di continuità ai misogini dell’Antichità tipo Giovenale, ma non bisogna dimenticare l’esistenza di correnti filogine che hanno incluso personaggi come Gregorio Nazianzeno, Agostino, Ruperto di Deutz, Bernardo di Chiaravalle, Bonaventura.
      Su Tommaso, c’è un grosso equivoco: per questo i suoi testi vanno letti bene e fino in fondo: da nessuna parte c’è scritto che la donna non sia stata creata a immagine di Dio, anzi, nella q. 39 lo dice chiaro e tondo: “E poiché in realtà rispetto alle cose dell’anima la donna non differisce dall’uomo, ché anzi talora si trovano delle donne superiori a molti uomini quanto all’anima, è evidente che essa può ricevere il dono profetico e altri consimili.” La distinzione che ha prima citato e che Tommaso fa è dal punto di vista che noi chiameremmo “psicologico”: l’uomo è più portato ad utilizzare la ragione nelle azioni, rispetto alla donna il cui epicentro è la sensibilità (cfr. anche Summa contra Gentiles). Lo studioso irlandese Michael Nolan (“Aquinas’ Philosophy of Man and Woman”, Dublin, Four Courts Press, 1998). mi sembra abbia messo in chiaro una volta per tutte che, quando si cita quella famosa frase della Quaestio 92 della Summa, “foemina est mas occasionatus”, si omette sempre l’ultima parte: anzitutto, Tommaso parla di “foemina”, femmina in generale, anche di quelle degli animali, e non di “mulier”, la donna in particolare; ma poi fa una precisazione importante. Dice che “la femmina è un maschio mutilo” “secundum naturam particularem”, “secondo la natura particolare”, cioè “dal punto di vista dell’essere umano”: infatti questa affermazione è desunta dal “De generazione et corruptione” di Aristotele. Aristotele non poteva sapere che la donna concorre alla generazione di una persona nello stesso modo di quanto vi concorra l’uomo, solo nel 1827 von Baer scoprirà che la donna interviene nella generazione di un nuovo essere umano nella medesima porzione del maschio: prima si pensava che solo il maschio fosse capace di generare e che la donna offrisse semplicemente il terreno di coltura. Che qualcuno nascesse maschio e qualche altro femmina lo si attribuiva ad uno sforzo della natura: per la generazione del maschio la natura compie il suo corso perfetto, mentre nella generazione della donna la natura si arresterebbe prima. E concludevano dicendo che la donna sarebbe un uomo al quale manca qualcosa. Non si poteva sapere che quest’eventualità dipendesse dall’incrocio del cromosoma maschile y o x con quello femminile (x). Invece, alla quaestio 99, quando parla della natura universale, ovvero delle cose viste dal punto di vista di Dio, Tommaso dice chiaro e tondo che “la femmina (e parla ancora di “femmina”, non di “donna”) non è un essere mancato ma espressamente voluto da Dio in ordine alla generazione. Passando agli uomini,nella quaestio 99 afferma che “La diversità tra i sessi rientra nella perfezione della natura umana”.
      Su Maria credo che siano proprio le sue premesse ad essere sbagliate: di Dio ce n’è uno solo, ed è al di sopra anche dei sessi, che sono categorie umane. E’ vero, si è incarnato come uomo, ma come puntualizza benissimo Bernardo di Chiaravalle, ha scelto di nascere da una donna, quando avrebbe potuto incarnarsi in qualsiasi altro modo. E, particolare non secondario, ha chiesto a questa donna il consenso al suo disegno. Ed è stato quel sì a rendere Maria “corredentrice dell’umanità” e “onnipotente per grazia” (tutte definizioni dogmatiche). L’umiltà (da Vangelo) e il consenso al disegno di Dio sulòla propria vita è l’atteggiamento che ogni creatura deve avere di fronte al Creatore, e proprio perché Maria è stata la più umile e ha realizzato pienamente la volontà di Dio nella sua vita, è stata innalzata a prima e più perfetta tra le creature, esempio non solo per le donne, ma anche per gli uomini, per i religiosi in particolare (la letteratura monastica del XII secolo mette spesso l’accento su questo). Così come sono state innalzate ad esempio elevandole agli altari donne dal carattere tutt’altro che remissivo come Agnese, Agata, Barbara, Cecilia, Lucia, donne che si sono ribellate alla propria famiglia a costo della vita per seguire il destino che sentivano di voler percorrere.
      Caterina da Siena è una di loro: testarda, ostinata, ribelle alla volontà della famiglia, disposta a tutto pur di realizzare il disegno di Dio nella sua vita e nella storia del mondo, a costo di dare ordini a papi, cardinali e re. Definirla “anoressica”, “pazza” o “allucinata” significa rinchiuderla un po’ troppo nei nostri schemini di intellettuali “post-freudiani” mentre fenomeni come la mistica, che è tutt’altro che anoressia e pazzia, devono essere colti nella loro alterità. Di recente è uscito un libro su di lei firmato da André Vauchez, senza dubbio il più grande esperto di religiosità medievale, che spero venga tradotto presto in Italiano.
      Con Gabrina degli Albeti entriamo in tutt’altro argomento: lei fu, insieme ad esempio a Sibilla Zanni e Pierina Bugatis a Milano, uno dei primi rarissimi casi di un fenomeno (quello della “caccia alle streghe”) che sarebbe poi esploso dopo, in Età Moderna, e che ha nella misoginia tornata con il diritto romano solo una delle componenti, e nemmeno la più importante.

  2. sonia ha detto:

    Grazie per la risposta.. è intollerabile il pregiudizio contro la Donna…

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