Macché Lutero, il capitalismo è francescano

di Marino Pagano

Nel suo saggio Bruni sposta la nascita dell’iniziativa privata dall’Europa protestante al tardo Medioevo cattolico, quando nacquero i primi Monti di pietà che offrivano liquidità a chi volesse avviare un’attività.

Orafo come allegoria dell’avarizia – particolare di miniatura dal Trattato sui Vizi Capitali di Cocarelli – Genova, 1340 ca.

Cosa il capitalismo sia, forse, nemmeno lo sappiamo bene. Può essere definito capitalista semplicemente il pensiero liberista? Forse sì, forse no. È capitalista l’altrettanto semplice libero mercato? Le piccole e medie imprese fanno e sono il mercato ma non sono per forza il capitale. E un capitalismo dal volto umano può esistere? Ecco che le questioni si fanno tante. Questioni economiche, sociopolitiche, di denaro e di vita. Ma se questa è l’attualità del capitalismo (e fa discutere), è anche sulle sue origini che ancora, da più parti, si parla e ci si confronta da tempo. Si discute e si studia.
Di sicuro studia il capitalismo – e lo studia nella sua genesi ed origine – Luigino Bruni, autore del volume Il Capitalismo meridiano. Alle radici dello spirito mercantile tra religione e profitto (Il Mulino, 2022). Bruni ci invita a capire il senso di un Medioevo che fu lungo, così lungo da poter ascrivere a sé anche la nascita del capitalismo o quantomeno dei suoi semi germinali. Altro che XVI secolo come minimo, altro che protestanti, altro che Lutero. Il capitale nasce cattolico e nasce anche qualche secolo prima della fine del Medioevo stesso. Dicono niente i francescani? Ma come, il pauperismo, san Francesco che si spoglia di ogni bene, l’elogio della povertà, allora, che fine fanno? Un nome ci viene in soccorso: Pietro di Giovanni Olivi (1248-1898) figura complessa, assai sviscerata nel libro. Tra i principali esponenti della corrente francescana degli Spirituali potrebbe essere ritenuta una spiritualità presa da tutto tranne che dalla crescita, dalle novità, dal progresso economico.

Francescani – miniatura, XIV sec.

Gioacchino da Fiore
Ma egli era un aristotelico, uomo dalla formazione legata alla Scolastica, riferimento ineludibile per capire la sua epoca. E però era anche legato al calabrese Gioacchino da Fiore (1135-1202) ed alla sua interpretazione della storia. Quindi un uomo della piena complessità medievale: concretezza ed ascetismo, vita e preghiera. Resta inteso che la sua storia non può leggersi che nella scelta di vita francescana. Ed ecco che Bruni retrodata il capitalismo, almeno nei suoi primordi, un po’ prima della solita idea della derivazione protestante e postrinascimentale.
Sissignori: i primi battiti del mercato furono tra chi più di tutti rigettò l’attaccamento materiale, si liberò dal culto eccessivo dei beni e dei possedimenti. I Francescani, i seguaci del Poverello che poi diedero vita ai primi Monti di Pietà in Italia. E Bernardino da Feltre (1439-1494), beato dal ‘600, figura finita spesso nella morsa delle polemiche per le sue invettive antigiudaiche ma uomo pio, retto ed estremamente vicino ai fragili, anche socialmente? Fragili cui dava la speranza del riscatto attraverso il Monte, offrendo liquidità a chi non poteva più sognare di poter ricominciare un’attività. Il tutto legato anche alla crescita dei Comuni e delle città, dove si potevano detenere un maggior numero di beni da poter cedere in garanzia.
Ed il tutto, va ribadito, anche nella piena cultura e spiritualità francescana, perdipiù nel tardo, direi tardissimo Medioevo, lunga età di passaggio anche tra i grandi cambiamenti, che spesso ha avviato ed incentivato. Il microcredito a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato: questo è stato il basso Medioevo economico italiano ed europeo. Sembra quasi di leggere cronache economiche contemporanee ed attuali: è invece la storia che ha le sue radici, in questo caso all’intreccio di un qual certo spirito mercantile, tra religione e profitto.

Banchieri – particolare di miniatura dal Trattato sui Vizi Capitali di Cocarelli – Genova, 1340 ca.

Il tempo dei mercanti
Un profitto per l’autore Bruni “meridiano” perché diverso da quello della Riforma protestante, nordico e, diremmo, più materialista poi anche a livello filosofico e concettuale, capitalismo che saprà ben presto incubare anche il primo culto nazionalista, con la formazione, appunto, degli stati nazionali. Qui siamo, invece, al tempo dei mercanti, quasi sempre toscani, nel nome di Francesco, il santo dei poveri. Capitalismo in nuce, con l’anima, che insomma abbraccia o continua l’umanesimo, gli conferisce una missione anche di probabile ricchezza, dando un ruolo nuovo pure al frate mendicante. Un ruolo oltre il culto delle merci, eppure con attenzione giusta al denaro e a quel che esso permette: la dignità dell’uomo, abbracciata alla fede. Luigino Bruni è professore di Economia politica all’Università Lumsa di Roma. Fra gli altri suoi libri: L’Economia civile (con S. Zamagni, Il Mulino, 2015), Il capitalismo infelice (Giunti, 2018), L’arte della gratuità (Vita e Pensiero, 2021).

Articolo da “Libero”, 28/12/2022.

Per saperne di più:
Luigino Bruni, Il Capitalismo meridiano. Alle radici dello spirito mercantile tra religione e profitto, Bologna, Il Mulino, 2022.

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Buongiorno a tutti! Sono una paleografa con la vocazione per la scrittura e il pallino del Medioevo e delle sue storie. Amo la lettura, la buona musica, la poesia, la filosofia, l'arte, il cinema: in breve, qualunque espressione del buono, del bello e del vero. Nel 2011 ho vinto l'VIII edizione del premio letterario "Il racconto nel cassetto" con il racconto "Il Tamburo delle Sirene", pubblicato dalla Centoautori in "Il Tamburo delle Sirene e altri racconti" (2012). Ho collaborato con il sito di Radio CRC e con il giornale on-line "Citizen Salerno" e ora collaboro con la rivista on-line "Rievocare". Faccio parte del gruppo di living history "Gens Langobardorum" e come rievocatrice indipendente promuovo la Scuola Medica Salernitana, gloria della mia città. Nel 2020 ho pubblicato con la Robin "Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura".
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