
Eccettuata l’esperienza al Borgo Medievale di Torino, credo questa sia l’esperienza che mi ha portato più lontano in assoluto: Mondaino, in provincia di Rimini, al confine tra Marche e Romagna.
L’occasione è stato il Palio del Daino, rievocazione dell’incontro nel borgo, attorno al 1450, dei due signori dell’Italia centro-settentrionale del Quattrocento, Federico da Montefeltro signore di Urbino e Sigismondo Pandolfo Malatesta signore di Rimini. Un borghetto da bomboniera arroccato su una collina, fatto di tre viuzze affiancate da casucce di pietra color bronzo o intonacate di rosa, dominato dalla sua torretta di guardia e impreziosito da un gioiellino di chiesetta dedicata a San Michele Arcangelo e da un antico monastero femminile.
Ci sarà mai stata Costanza Calenda?
A quell’epoca avrebbe dovuto avere pressappoco cinquant’anni, e forse già nonna, anche se il suo nipotino più famoso, Jacopo Sannazzaro, sarebbe nato solo sette anni più tardi. Forse ci sarà almeno passata in viaggio per il Nord Italia, dato che la famiglia del suo genero, Cola Sannazzaro, era di origine lombarda.

Un borgo intero a disposizione per quattro giorni di festa.
Una vera sorpresa per me, da molti punti di vista: non solo i gruppi di qualità erano parecchi per un “gioco storico”, ma gli allestimenti di venditori e artigiani erano affiancati da postazioni puramente didattiche, gli spettacoli in piazza accostavano a sbandieratori ed esibizioni di falconieri, dimostrazioni di schioppettieri con tutte le regole del Quattrocento. C’era persino un angolo dedicato completamente a tutto il ciclo di lavorazione della seta, dalla coltivazione del gelso alla tessitura.
Il tutto coordinato da una Pro Loco disposta ad ascoltare senza imporsi (miracolo!!), e che, se ammetteva i compromessi come le patate e i pomodori nel menu delle taverne, ha comunque fatto uno sforzo ammirevole perché almeno una parte anche dei figuranti del corteo fosse vestita decentemente. Si può ancora migliorare, ma, vista la media delle manifestazioni e dei giochi storici in Italia, ci si poteva ritenere tutto sommato soddisfatti.

Alle mie mani era affidata la didattica della cosmesi quattrocentesca, da spiegare, ma soprattutto da far provare, facendo belle grandi e piccine con le ricette attribuite a Trotula. E si appoggiava ad una vera e propria spezieria quattrocentisca allestita nei minimi particolari dal mitico Pietro Barsotti, che ho finalmente conosciuto di persona dopo mesi e mesi di chiacchierate tra internet e telefono. E non si trattava affatto di una “mostra”: nella spezieria si lavorava, eccome: si facevano confetti, dolcetti con le ostie, palline profumate per pomander. In breve, la rievocazione come dovrebbe essere: scrupolosa, interattiva e creativa.
E così, da brava rhizotomoe sempre alla ricerca di nuove idee, tra una seduta di trucco e l’altra finivo sempre dentro la spezieria, a “rubare” i segreti di qualche preparazione a Pietro, ma anche ad Arianna, navigata seppur giovane “donna delle erbe” dalle cui mani uscivano rosei sciroppi di viole e profumatissime palline di cera e spezie per i pomander. Una è finita a profumare uno di questi gioielli comprato da un “druido” veneto la cui sensibilità mi ha ricordato molto quella del mio maestro, mentre il rosa intenso di uno sciroppo di viole riempie una delle mie boccette.
Così come riempiono ancora le mie orecchie le strofe pazze e irriverenti, di loro composizione, dei “Lupi del Malatesta” guidati da ser Agolante, il capitano più pazzo che abbia mai incontrato in vita mia; o i miei occhi i colori abbaglianti delle tempere su tavola di Momo, restauratrice e pittrice fantastica (anche se lei dirà sempre di non esserlo), e nostra spacciatrice ufficiale di… abbracci!!!
una bellissima esperienza