Storia di un’imprenditrice del XII secolo: la viscontessa Emma

Donna che ribatte – Miniatura, Francio, XII sec.

Nel corso del XII secolo, anche nei territori che noi immagineremmo dominati dal sistema feudale come la Francia e l’Inghilterra, le città acquisiscono progressivamente importanza, e insieme ad esse un nuovo ceto sociale: una piccola nobiltà cittadina che noi chiameremmo già “borghese”, la cui ricchezza è rappresentata sì da una piccola proprietà terriera, ma soprattutto dal commercio. Tra le tracce che ci rimangono di questo ceto imprenditoriale, in una vivace cittadina come Rouen, che allora fa parte del regno d’Inghilterra, nella seconda metà del secolo, si distingue una voce femminile, che sembra aver giocato un ruolo di primaria importanza, soprattutto durante il regno di Enrico II d’Inghilterra: quella della Viscontessa Emma.

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Macché Lutero, il capitalismo è francescano

di Marino Pagano

Nel suo saggio Bruni sposta la nascita dell’iniziativa privata dall’Europa protestante al tardo Medioevo cattolico, quando nacquero i primi Monti di pietà che offrivano liquidità a chi volesse avviare un’attività.

Orafo come allegoria dell’avarizia – particolare di miniatura dal Trattato sui Vizi Capitali di Cocarelli – Genova, 1340 ca.

Cosa il capitalismo sia, forse, nemmeno lo sappiamo bene. Può essere definito capitalista semplicemente il pensiero liberista? Forse sì, forse no. È capitalista l’altrettanto semplice libero mercato? Le piccole e medie imprese fanno e sono il mercato ma non sono per forza il capitale. E un capitalismo dal volto umano può esistere? Ecco che le questioni si fanno tante. Questioni economiche, sociopolitiche, di denaro e di vita. Ma se questa è l’attualità del capitalismo (e fa discutere), è anche sulle sue origini che ancora, da più parti, si parla e ci si confronta da tempo. Si discute e si studia.
Di sicuro studia il capitalismo – e lo studia nella sua genesi ed origine – Luigino Bruni, autore del volume Il Capitalismo meridiano. Alle radici dello spirito mercantile tra religione e profitto (Il Mulino, 2022). Bruni ci invita a capire il senso di un Medioevo che fu lungo, così lungo da poter ascrivere a sé anche la nascita del capitalismo o quantomeno dei suoi semi germinali. Altro che XVI secolo come minimo, altro che protestanti, altro che Lutero. Il capitale nasce cattolico e nasce anche qualche secolo prima della fine del Medioevo stesso. Dicono niente i francescani? Ma come, il pauperismo, san Francesco che si spoglia di ogni bene, l’elogio della povertà, allora, che fine fanno? Un nome ci viene in soccorso: Pietro di Giovanni Olivi (1248-1898) figura complessa, assai sviscerata nel libro. Tra i principali esponenti della corrente francescana degli Spirituali potrebbe essere ritenuta una spiritualità presa da tutto tranne che dalla crescita, dalle novità, dal progresso economico.

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Essere alla moda nel Trecento italiano

La vanità può essere una virtù?
Non ha dubbi sulla risposta Sara Piccolo Paci, antropologa e storica dell’arte, docente di Storia dell’abbigliamento al Polimoda di Firenze e al Fashion Institute of Technology di New York, autrice insieme alla rievocatrice Francesca Baldassari del libro che porta questo concetto fin nel titolo: Le Virtù della Vanità – Il Trecento, edito da Gilda Historiae.
«La moda viene considerata ancora oggi un argomento frivolo, superficiale e leggero, mentre nei fatti muove l’economia al livello mondiale, – spiega. – Anche se il concetto di “moda” così come la intendiamo noi oggi nasce nel Cinquecento, non vuol dire che prima non ci fosse attenzione all’abbigliamento e consapevolezza dell’importanza dell’aspetto.»

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Streghe e artigiani a Bevagna

Dalle mediche alle streghe: storia di una mutazione.
Porta questo titolo il tema scelto dal prof. Franco Franceschi, docente di Storia Medievale all’Università di Siena, per il convegno incastonato all’interno della manifestazione Il Mercato delle Gaite a Bevagna. Un borghetto pittoresco in provincia di Perugia, attiguo a Foligno, raccolto all’interno delle sue mura e attorno alla sua piazza, fatto di viuzze strette e casette da presepe in mattoni e pietra color cipria, che ogni anno torna al Duecento e al Trecento, e i cui quattro quartieri (le “Gaite”, appunto) si affrontano in una gara a colpi di arti e mestieri.

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La leggenda di Beowulf – Robert Zemeckis (2007)

Sembra proprio che l’ultima frontiera della tecnologia oggi sia l’intelligenza artificiale: su internet e sui social pullulano immagini realizzate con questa tecnologia, e ne vengono fuori le cose più incredibili. E secondo me non mancherà molto che un regista decida di utilizzare l’intelligenza artificiale per girare un film.
Che cosa potrà venirne fuori? Personalmente non lo so.
Molti storcono il naso di fronte ai film realizzati con le nuove tecnologie, sostenendo che nulla potrà mai superare una pellicola tradizionale e temono che troppa tecnologia possa inficiare il risultato della pellicola. Io penso che non sia importante tanto il mezzo quanto il fine; non importa quanta tecnologia ci sia all’interno di un film, ma quanta sostanza ci sia dietro.
Un ottimo esempio è secondo me questo film, diretto quasi vent’anni fa dal regista e sceneggiatore statunitense Robert Zemeckis, per intenderci lo stesso che ha firmato Chi ha incastrato Roger Rabbit e Forrest Gump: La leggenda di Beowulf.

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Finalmente un po’ di luce sui secoli bui

di Marino Pagano

Un libro racconta «l’età di mezzo» distinguendo la storia dai tantissimi luoghi comuni come arretratezza, corruzione e eccessiva religiosità. Un viaggio sorprendente nel passato.

Luigi IX e i poveri – miniatura dalle Grandes Chroniques de France – Francia, 4 quarto del XIV sec. – Parigi, BnF.

Cos’è Medioevo, cosa non lo è. Cos’è storia e cosa ideologia. Dove finisce l’idea, per l’appunto, storica di Medioevo e dove inizia la “visione” di Medioevo (o le visioni). Quale il tempo della storia e quale quello della ricostruzione postuma. Ci fu già il grande storico francese Jacques Le Goff a parlare, in un suo famoso saggio (Il lungo Medioevo, Dedalo 2004), di un Medioevo fuori dal suo tempo canonicamente inteso, ossia dalla fine dell’Impero romano alla (inconsapevole) scoperta dell’America. Arriva ora, per Carocci, un libro, a firma di Glauco Maria Cantarella, che prova ad inventariare i temi storici del Medioevo, con il linguaggio classico della dissertazione e senza accademismi o gravosi apparati paratestuali (le note, per intenderci, non ci sono, c’è però una ricchissima bibliografia). Ed ecco, allora, Inventario medievale. Percorsi, storie e protagonisti dell’età di mezzo. Cantarella è stato per anni docente di Storia Medievale a Bologna, allievo del grande storico Ovidio Capitani. È stato docente anche di Istituzioni politiche medievale, il che gli ha permesso molti studi e conoscenze delle strutture del potere del tempo, laico od ecclesiastico che fosse. Conoscere il potere medievale significa carpirne gli uomini, la mentalità, i luoghi in cui si esercitava. Vuol dire sapere cosa anche il pensiero influente del tempo ha elaborato su di sé.

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La cospirazione dell’inquisitore

Se c’è qualcosa che mi dà terribilmente fastidio, quando si tratta di letteratura, sono le etichette.
Sembra che non possa esistere libro che non sia etichettato perbenino e chiuso in un cassetto: fantascienza, storico, giallo, rosa, ecc. E poi ci sono i sottogeneri: poliziesco, spionaggio, thriller, noir… Così ricordo che fu con un certo scetticismo che, su consiglio di alcune comuni conoscenze mie e dell’autrice Giulia Abbate, m’imbarcai nella lettura di questo romanzo, classificato dalla casa editrice come rosa, io che nutro una sonora diffidenza per i romanzi rosa specie se pretendono di essere anche storici, tranne qualche eccezione per la quale è valsa la pena andare oltre la solita copertina “caramellosa”.
Solo che, una volta chiusa la copertina alle mie spalle, mi sono resa conto che mai etichetta era stata più sbagliata: quello non era affatto un romanzo “rosa”, ma un romanzo storico a tutti gli effetti, molto più complesso di quanto non apparisse.

Giulia Abbate, La Cospirazione dell’Inquisitore, Roma, Leggereditore, 2019

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Non c’è due senza tre, ovvero regalo di Natale

A dirla tutta, non è stato un fulmine a ciel sereno.
Più che altro era una speranza: quella che il Centro Studi Femininum Ingenium di Pomezia si fosse affezionato alle Mulieres, tanto da giudicarle degne di essere premiate all’edizione 2013 del concorso letterario Le Parole di Lavinia.
Quello che non sapevo è che Mulieres Salernitanae si sarebbe ritrovato addirittura primo classificato, a pari merito con Iulia Farnesia. Lettere da un’anima di Roberta Mezzabarba, nella categoria romanzi, collezionando così il suo terzo premio letterario consecutivo.
Niente male, come regalo di Natale, no?

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Sulle tracce di una città mediterranea: Salerno nel Medioevo

L’imperatrice Costanza di Sicilia è accolta a Salerno – Miniatura dal “Liber ad Honorem Augusti” di Pietro da Eboli –  Italia meridionale, fine XII / inizio XIII sec – Berna, Burgerbibliothek.

Andare alla scoperta dell’urbanistica della Salerno medievale è un po’ come impegnarsi in una “caccia al tesoro”: questo perché le fonti scritte sono relativamente poche, e le tracce archeologiche sono state pesantemente compromesse dagli intensi bombardamenti della seconda guerra mondiale e dalla sregolata attività edilizia del dopoguerra, nonché dai danni del terremoto del 1980. In più bisogna considerare che il centro storico di Salerno, come quello di tutte le città ricche di storia, è cresciuto su se stesso nel corso dei secoli, e bisogna fare un certo sforzo per immaginare l’aspetto che avesse nel Medioevo: per ricostruire la vera Salerno storica dobbiamo sgombrare il campo da ricostruzioni precedenti e basarci sulle fonti che abbiamo, archeologiche e storiche.

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La democrazia affonda le sue radici nel Medioevo

di Antonio Carioti

Le rivolte popolari del Trecento, sostiene Alessandro Barbero, rivelano nei protagonisti consapevolezza dei loro interessi e chiarezza di obiettivi. Furono semi gettati nel futuro.

Il titolo del nuovo libro di Alessandro Barbero, in uscita il 3 ottobre, può apparire bizzarro: All’arme! All’arme! I priori fanno carne! (Laterza) Si tratta del grido, lanciato da un orologiaio, che diede il via al tumulto fiorentino dei Ciompi nella notte tra il 19 e il 20 luglio 1378: i priori erano i membri della giunta che governava la città, rappresentanti dei ceti abbienti; «fanno carne» significa «ammazzano la gente». A Firenze c’erano già stati disordini causati dai salariati dell’industria tessile e i priori, avvertiti circa un’imminente insurrezione generale, stavano interrogando i sospetti con largo uso della tortura. Le grida dei seviziati misero in allarme l’orologiaio e la situazione precipitò. Ma il volume di Barbero non tratta solo dei Ciompi, riguarda anche altre rivolte popolari scoppiate nella seconda metà del Trecento: in Francia, in Inghilterra, nel Canavese.

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