Un sogno realizzato: la Fiera di Fine Estate.

Per le vie del Borgo - per cortesia di Beppe Lachello.

Per le vie del Borgo – per cortesia di Beppe Lachello.

Un’esperienza che consiglio sempre a chi mi chiede “cosa vedere a Torino” è un bel giretto in battello sul Po. Senza nulla togliere al Museo Egizio, il Duomo, la basilica di Superga e tutto il resto, s’intende: è semplicemente il ricordo che più si è impresso nella memoria delle festività natalizie o delle estati che trascorrevo con i miei zii ormai quasi vent’anni fa. In particolare il ricordo va a quando il battello si fermava in quello che era il mio posto preferito in assoluto, dove trascorrevo mattinate intere e dal quale non avrei voluto allontanarmi più: il “Borgo medievale”, nel parco del Valentino. Per chi non lo conoscesse, è una riproduzione scala 1 a 1 di un borgo quattrocentesco piemontese completo di rocca, messo in piedi ex novo per l’Expo del 1884 (le Expo di una volta…).
Un castello incantato, ai miei occhi di bambina di dieci anni che si addentrava tra le viuzze del borgo e le stanze della rocca, e metteva il naso dappertutto, sbrigliando la fantasia e inventando le storie più inverosimili partendo da quello che raccontava la guida, da me tartassata di domande. E non m’importava nulla se il castello incantato fosse, come dicevano, “un falso ottocentesco”, o che i miei zii cercassero di smorzare il mio entusiasmo spiattellandomi davanti tutte le miserie, vere o presunte, del Medioevo.
Una sola cosa mi dispiaceva sul serio: che in mezzo a tutto questo ben di Dio, mobili intagliati in stile gotico, cortine e coperte di velluto, fontane e selciati, facciate di mattoni e balconate di legno, ci fosse il deserto totale, a parte quelle due o tre botteghe che spuntavano da sotto i portici. Un fantasma di luogo, come se uno dei maghi di cui leggevo nelle fiabe vi avesse gettato una maledizione. E a me non restava che sognare.

Una Napoletana in quel di Piemonte.

Donne del Medioevo.

Ora ne ho la prova provata: non importa quanto si debba aspettare, basta un po’ di pazienza e i sogni dei bambini possono avverarsi!
Nel mio caso, la chiave è stata un fantastico gruppo di Living History torinese cui ho cominciato a star dietro da un po’, colpita proprio dal fatto che la cornice delle loro attività fosse il Borgo Medievale: gli Speculum Historiae.
Così, quando mi hanno proposto di partecipare al loro primo “evento in grande”, la Fiera di Fine Estate prevista per il 20 settembre, non ho esitato un attimo ad accettare, anche se l’ambientazione era lontana la bellezza di sei secoli rispetto al periodo di cui mi occupo di solito. Inoltre, da rievocatrice in erba, desideravo da tempo partecipare ad un evento come questo, se solo avessi potuto muovermi da Salerno…

Costanza Calenda cura l'aspetto di Bona de Challant - per cortesia di Beppe Lachello.

Costanza Calenda cura l’aspetto di Bona de Challant – per cortesia di Beppe Lachello.

Certo, per una Longobarda quasi completamente calata nella parte della medica del principe Arechi non è stato uno scherzo “trapiantarsi” da un giorno all’altro in un’epoca completamente diversa come il principio del Quattrocento, e per giunta in un luogo geograficamente opposto nel senso letterale del termine, il Piemonte, d’influenza francese, così diverso dal mio mediterraneo Regno di Sicilia. Pensandoci bene, però, mi sono resa conto che questa poteva essere una ricchezza, un mio contributo da offrire, per quanto piccolo, per la primissima edizione di quello che, nelle intenzioni degli organizzatori, voleva essere il primo grande evento rievocativo ambientato nel Borgo Medievale. E quale filo conduttore migliore, ancora una volta, della Scuola Medica Salernitana, gloria della mia città?
Ed ecco allora Costanza Calenda (Costanzella per gli intimi), figlia di Salvatore Calenda, priore del collegio medico di Salerno e di Napoli e medico personale della regina Giovanna II d’Angiò, anche lei medica e moglie di Baldassarre Santomango, signore di Filetta, San Cipriano e Castiglione, l’ultima delle grandi donne medico salernitane.
Qui, però, non si trattava della “borghese” qualsiasi che solitamente interpreto, ma di una vera patrizia, per giunta sposata ad un nobile di prima categoria, imparentato nientedimeno che con i d’Aquino. La sfida era di quelle da far venire i brividi nel naso. Una nobile, per forza di cose dev’essere vestita in modo adeguato, ma non solo: volevo che Costanza, già dall’abito, fosse riconoscibile come una nobile del Sud, con tutte le particolarità annesse e connesse, e con pochissimo tempo a disposizione. La mia fortuna è stata aver trovato una sarta fantastica, e con una pazienza infinita, e averne con la sottoscritta non è per niente facile. Sempre meno, però, di quello che ha dovuto sopportare il mio sventurato maestro, da me tormentato per settimane per mettere a punto un piccolo campionario di autentici cosmetici quattrocenteschi, dal “fondotinta” al “fard” al “rossetto”; e, grazie a lui, sul treno che mi avrebbe portata a Torino, non solo mi sono ritrovata un set da trucco di tutto rispetto, ma perfino un piccolo alambicco di vetro per distillare l’acqua di rose (naturalmente da riportargli intero pena la morte!!!).

Sponsali di Gualfredo Guy da Montgenevre e Beatrice Tana: lancio beneaugurante del grano agli sposi - per cortesia di Beppe Lachello.

Sponsali di Gualfredo Guy da Montgenevre e Beatrice Tana: lancio beneaugurante del grano agli sposi – per cortesia di Beppe Lachello.

Bilancio della giornata? Una parola: STRAORDINARIO.
Quella scenografia che vent’anni fa sembrava un cimitero, ora era popolata da gruppi provenienti da tutto il Nord Italia, tra cui i Credendari del Cerro di Cirié (Torino), la Compagnia della Rosa di Mantova, l’Ordine delle Lame Scaligere di Verona, la Civitas Alidosiana di Imola, solo per citarne alcuni. Ogni angolo del Borgo era pieno di vita, con botteghe di carpentieri, intagliatori in legno, commercianti di stoffe, ecc, storicamente ineccepibili e ricostruite nei minimi dettagli; la Rocca, poi, era un tripudio di vita e di colori, dal cortile alla cappella, ogni sala una scenetta, dovunque gli occhi si posassero sembrava di entrare in una miniatura. Era qualcosa di vivo e vitale, la storia si poteva vedere, toccare, annusare.
Insomma, il Borgo Medievale si era finalmente ripreso il ruolo per cui era stato creato: quello di PRIMO ARCHEOPARK DELLA STORIA, con tutti i limiti dell’epoca certamente, ma pur sempre un tentativo di far rivivere in modo convincente il XV secolo piemontese in pieno Ottocento. Quanti autentici borghi medievali, però, quanti castelli abbandonati potrebbero riprendere vita grazie ad un evento di qualità come questo, se solo chi ne ha la responsabilità fosse disposto a scommettere su di essi?

Nord e Sud nel Quattrocento, ovvero Bona de Challant e Costanza Calenda.

Nord e Sud nel Quattrocento, ovvero Bona de Challant e Costanza Calenda.

A me era toccato l’angolo di bellezza della grande camera padronale, la “chambre des dames” per dirla con la scrittrice Jeanne Bourin, tra lezioni di ricamo, il fruscio di vesti di seta e confidenze scambiate a mezza voce: e non c’era nulla di “finto”, un’alchimia e una magia reali si respiravano nell’intimità di quella penombra. Occasione unica per scambiarsi esperienze e molto altro con tanta bella gente conosciuta fino allora solo via internet, o incontrata per la prima volta, ma con cui la comune passione per il Living History creava un’intesa immediata, come se ci conoscessimo da sempre. Ho potuto toccare con mano la passione e il duro lavoro degli Speculum Historiae, guidati da Bonifacio de Challant (al secolo Lorenzo), perfettamente calato nel sussiego e nel distacco di Signore di Fénis, ma al tempo stesso sempre pronto a prendere in mano le redini dell’organizzazione, rogne dell’ultimo momento comprese.
Essere l’ “addetta al trucco” ha un vantaggio non indifferente, e le “capère” napoletane di una volta lo sapevano bene: stabilire un contatto con la donna che si affida a te, capirne le emozioni attraverso i movimenti del viso, e godere la soddisfazione riflessa nello specchio quando sono soddisfatte del risultato. E, in più, di far capire ai visitatori (soprattutto alle visitatrici) che i Medievali non erano quella gente poco pulita che comunemente si immagina, ma che, anzi, avevano molto più in comune con noi di quanto pensiamo.
Come sempre, erano i bambini i più interessati, quelli che correvano trionfanti dai genitori con la loro briciola di sapere quasi fosse una medaglia, quelli che si accalcavano per annusare erbe e preparati, quelli i cui occhi si illuminavano alla vista dei nostri abiti storici: tanto bastava ai loro occhi per farci diventare tutti cavalieri, principi e principesse usciti dalle fiabe. Lo so, l’idea non è molto divulgativa, ma perché togliere loro lo specchio della fantasia, con cui possono (beati loro) guardare la realtà senza diventare di pietra, come m’insegna la mia amica Tiziana, scrittrice di fiabe?

Danza nella Sala Baronale.

Danza nella Sala Baronale – per cortesia di Beppe Lachello.

Una delle cose che più ho apprezzato in questa iniziativa è il coinvolgimento diretto del pubblico. Il visitatore non si ritrovava ad esser soltanto spettatore di un dipinto animato, poteva a tutti gli effetti far parte del quadro. E non lo si è visto soltanto durante la fiera, in cui i visitatori potevano intrattenersi con bottegai e artigiani come avrebbero fatto dei passanti del XV secolo, ma anche nei due momenti forti della giornata: il matrimonio di Gualfredo Guy da Montgenevre e Beatrice Tana in mattinata e il torneo pomeridiano. Nel primo caso, una volta terminata la cerimonia, gli “sposi” sono stati letteralmente bersagliati dai bambini a colpi di grano (il riso era ancora raro e costoso) tra applausi, fischi e il solito reclamo del bacio. Nel secondo, i miei complimenti vanno all’inventiva dei cavalieri, dato che ben due di loro, sdegnando i favori di Dame Bona de Challant, fin troppo contesa, hanno eletto a loro dame due bambine, combattendo nel loro nome!

Il torneo - per cortesia di Beppe Lachello.

Il torneo: la scelta delle dame – per cortesia di Beppe Lachello.

Non che la giornata non sia stata stancante. Chi non l’ha mai provato non si illuda: da una rievocazione si può uscire solo cotti, bolliti e saporiti. L’importante è che il sapore che rimane in bocca alla fine sia buono.
A me è rimasto il sapore aromatico delle nuove conoscenze, quelle delle dame piemontesi Bona de Challant, Francesca di Roussillon, Florina Provana, Bianca da Padova, Beatrice Tana e Damisella, solo per citarne alcune, culminato addirittura a passo di danza nella sala baronale; o il sapore imprevedibile di un’improvvisazione quasi teatrale, con battute a soggetto che davano il tocco della verità, come i battibecchi tra il Signore di Fénis e il cugino francese François de Menthon, che hanno trasformato soprattutto il banchetto in un momento spassosissimo degno di una commedia napoletana!

Il banchetto - per cortesia di Beppe Lachello.

Il banchetto – per cortesia di Beppe Lachello.

Per saperne di più
Rivive il primo archeopark della storia – articolo pubblicato su “Rievocare”.

Informazioni su Mercuriade

Buongiorno a tutti! Sono una paleografa con la vocazione per la scrittura e il pallino del Medioevo e delle sue storie. Amo la lettura, la buona musica, la poesia, la filosofia, l'arte, il cinema: in breve, qualunque espressione del buono, del bello e del vero. Nel 2011 ho vinto l'VIII edizione del premio letterario "Il racconto nel cassetto" con il racconto "Il Tamburo delle Sirene", pubblicato dalla Centoautori in "Il Tamburo delle Sirene e altri racconti" (2012). Ho collaborato con il sito di Radio CRC e con il giornale on-line "Citizen Salerno" e ora collaboro con la rivista on-line "Rievocare". Faccio parte del gruppo di living history "Gens Langobardorum" e come rievocatrice indipendente promuovo la Scuola Medica Salernitana, gloria della mia città. Nel 2020 ho pubblicato con la Robin "Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura".
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2 risposte a Un sogno realizzato: la Fiera di Fine Estate.

  1. chiaralorenzetti ha detto:

    Bel racconto. Sono solita passare dal Valentino perché mi piace sempre curiosare tra le botteghe e respirare quell’aria mista tra storia e finzione. Non conoscevo questa rievocazione e ora che l’hai raccontata così bene, vedrò di non perdermela nella prossima edizione. Complimenti per la tua rappresentazione.

  2. jimmiepdx ha detto:

    Da molto distante mi e’ piaciuta sia la rievocazione che il relativo racconto. Chi scrive qui e’ nato letteralmente a poceh centinaia di metri dal Castello Medioevale, ai bordi del Valentino

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