Chi di noi non ha imparato questa frasetta, all’asilo o in prima elementare? Almeno ai miei tempi era un vero tormentone dei banchi di scuola, e noi non eravamo certo il coro dello Zecchino d’Oro.
Per fare tutto ci vuole un fiore. Anche per fare un principe?
Partiamo dall’inizio: per fare un principe ci vuole una veste regale; e per fare la veste regale ci vuole un modello. Non trattandosi di un “principe azzurro” qualsiasi ma del principe Arechi II in persona, una stoffa che imiti la seta dell’Alto Medioevo, rossa, il colore regale per eccellenza, e un taglio “alla bizantina”, il non plus ultra dell’eleganza, non bastano.
Per fare una veste regale ci vogliono i decori, ricamati come si vedono nelle tuniche copte e negli affreschi di San Vincenzo al Volturno e nell’Exultet di Montecassino. E non andavano certo per il sottile all’epoca: passamanerie chilometriche, ricami dai punti così minuscoli da sembrare quasi pittura su stoffa. L’impresa è di quelle da far tremare per una principiante del ricamo come me, un po’ come affrescare la volta della Cappella Sistina con ago e filo: ma è il mio primo “grande lavoro” per la Gens e non posso tirarmi indietro. Al lavoro, dunque!
Per fare i decori, ci vogliono il fondo, i polsi e i clavi , all’altezza delle spalle.
Per fare tutto questo ci vuole un “soggetto”, sarà ispirato alle passamanerie ricamate bizantine: un motivo a medaglioni d’oro e foglie intrecciate, con, al loro interno, alternati, un albero e un leone.
Questo lo devo dire per forza in rima:
E per far tutto questo ci voglion quattro, e non una cosa:
seta purpurea, canovaccio, ago e filo, e il Telaio di Zia Rosa.
Ovvero 2 metri di fondo (1 metro per lato) e una trentina di centimetri per ognuno dei polsi, il tutto di seta viola, altra declinazione della regale porpora; i colori di satin da usare per il ricamo saranno quattro: oro per i bordi e per alcuni dettagli, verde chiaro e verde scuro per gli alberi e giallo ocra per i leoni.
Per fare i medaglioni con gli alberi e i leoni, ci vogliono i punti.
Punto bizantino, per la precisione, quello che oggi chiamiamo “mezzo punto“, l’ideale per creare un “effetto pittura”.
Non lasciatevi ingannare dalla sua apparente facilità, però: dietro di essa si celano molte insidie, non ultima quella di lavorare con un filo metallico che ha la brutta abitudine di attorcigliarsi e “perder pezzi per strada”. Senza contare gli imprevisti della materia prima: non sempre chi ti fornisce il canovaccio o la stoffa te li taglia in linea retta, e per giunta la stoffa è preziosa, dunque non ne va sprecato nemmeno un millimetro; spesso il canovaccio non basta, dunque ne devi aggiungere un altro pezzo. Conseguenza? Veri e propri salti mortali per mantenere dritta la striscia designata, nonostante storture e aggiunte.
Tutto questo per 1 metro di seguito!!
Per fare i punti ci vuole passione; è questo il motore per un’attività che porta via tempo (per l’esattezza quasi due mesi) e i cui intoppi mettono continuamente a rischio di far perdere le staffe. La passione, però, è quella che instilla la curiosità di vedere il lavoro finito, al punto che nemmeno ce ne si accorge e si son fatte le due di notte; è sempre la passione, poi, a trasformare qualcosa di obiettivamente faticoso (richiede concentrazione, riduce i polpastrelli a groviera, sforza la vista, incurva la schiena, ecc.) in un modo rilassante di passare una serata, magari facendo due chiacchiere, ascoltando un po’ di buona musica o guardando la televisione. A proposito di televisione: un giovedì sera mi siedo sul divano e accendo la televisione per il settimanale appuntamento con “Don Matteo”, da guardare ricamando, e quale scena si presenta ai miei occhi? Nino Frassica che ricama!!
Per fare la passione ci vogliono gli amici: ci vogliono degli impazienti longobardi “vogue Bisanzio” che muoiono dalla curiosità di vedere gli sviluppi del lavoro, che vogliono le foto, che lo accarezzano tra le mani una volta finito; e che (cosa che non guasta mai) a volte ti danno dei suggerimenti, e sono addirittura pronti a dividere il lavoro! Come domina Gemma, l’addetta ufficiale al mondo del tessile, che si è presa su di sé il peso di ben due clavi con relativa pigna e del collo, e di montare il tutto sulla materia prima.
Ma è soltanto una volta che vedi il tuo lavoro indossato dal Princeps Gentis Langobardorum che ti rendi conto di cosa rappresenta, e che tutte le fasi che hai attraversato per ottenerlo sono come petali di un fiore.
E che, dopotutto, è vero: anche per fare un principe ci vuole un fiore.
Ottimo lavoro e ottima ricostruzione.
Alla fine la perdita dei polpastrelli viene ripagata da ogni foto che il principe e il vostro gruppo avranno.
Complimenti!
Specifico, su esplicita richiesta del presidente, che al principe dovremmo rifare le braghe daccapo, complete di mezzecalze.
Buon lavoro, allora! 😉
…ma WOW!
Va bene il living history e va bene l’ammirevole impegno che tu ci metti, ma qui si va oltre: sei anche – oggettivamente – brava.
Ma brava per davvero!
Sono veramente ammirata dal risultato finito e dalla precisione – ma complimenti!
Be’, questo vuol dire che quel mese di lavoro è servito a qualcosa… Grazie!!!