La bambina col falcone

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Sembra una frase fatta, ma è proprio così: ci sono incontri che non si dimenticano più, anche se avvenuti in un’età di cui è facile che la maggior parte del resto cada nell’oblio.
Accade anche con i libri: un brano letto di sfuggita in quel minestrone che è l’antologia scolastica delle scuole medie, e quelle righe diventano una specie di ritornello, qualcosa che comincia a ronzarti per la testa e a pungolarti dalla curiosità di sapere tutto il resto. Nel mio caso, l’incontro fu con una ragazzina di nome Melisenda: una ragazzina che immaginavo della mia stessa età (10-11 anni), curiosa di tutto e piena di vita, che dava del voi al padre e cui il padre dava del voi, e che, per la prima volta in vita sua, faceva volare un falcone. Divorai il brano ancora prima che lo leggessimo ufficialmente nell’ora di Italiano, e annotai immediatamente il titolo scritto in piccolo alla fine, già con le idee chiare su cosa avrei chiesto in dono al mio prossimo compleanno:

La bambina col falcone, di Bianca Pitzorno.

Ancora oggi mi capita, di tanto in tanto, di scorrere qualche pagina tra le mie preferite di questo libro, e ogni volta è quasi come tornare ragazzina.
Uno dei pregi del romanzo è proprio questo: far sentire vicine le vicende importanti e meno importanti di una nobile famiglia pugliese dell’epoca di Federico II, quella del suo falconiere messer Rinaldo Rufo, attraverso le piccole cose, quelle di tutti i giorni, che appartengono ad ogni epoca. E, soprattutto, si tratta di una storia “al femminile, quella delle cinque figlie di messer Rufo e madonna Yvette, Costanza, Melisenda, Sibilla, Alice e Violante: è il loro “romanzo di formazione”, la storia delle loro speranze, dei loro sogni avveratisi o infranti, del loro confronto con il maschile, del loro capire cosa sia davvero importante nella vita.
La mia sensazione è che l’ispirazione dell’autrice sia stato un altro romanzo che ho molto amato durante la mia infanzia: Piccole donne (e Piccole donne crescono) di Louise May Alcott. Contesto completamente diverso, d’accordo, ma i punti di contatto sono parecchi: non ultimo il fatto che la vera protagonista della vicenda sia il “maschiaccio” della famiglia, Melisenda, che però, come Jo March, alla fine si rivelerà la più matura di tutti e, proprio grazie alla sua maturità, riuscirà davvero a realizzare i suoi sogni, e in più a diventare il punto di riferimento dell’intera famiglia.
Dal punto di vista del contesto storico, il romanzo è molto più documentato di tanti altri, fin nei particolari dello zucchero sui dolci: certo, un lettore un po’ più informato potrebbe notare la presenza di qualche luogo comune e l’emergere di tanto in tanto di una mentalità contemporanea (soprattutto in riferimento alle Crociate), ma la leggerezza che pervade le pagine fanno sì che questo limite sia molto meno evidente che in romanzi come Il nome della rosa. Ho apprezzato moltissimo il sottolineare come la vita delle donne del XIII secolo fosse tutt’altro che reclusa, se Melisenda può permettersi di imparare dal padre il mestiere del falconiere e addirittura accompagnarlo alla crociata di Federico II; gustosissimo è l’episodio della primogenita Costanza scappata di casa travestita da uomo, rivestita dell’armatura del nonno, riconosciuta durante un duello proprio con l’amico d’infanzia Konrad, ed è la stessa fanciulla che, alla morte della madre e in assenza del padre, prende in mano la responsabilità della casa.
Un romanzo per ragazzi, dunque, ma non solo: un classico, che ci si può permettere a tutte le età, e che consiglio soprattutto alle lettrici, per ritrovare la leggerezza della bambina che è in noi, e che molte volte dimentichiamo.

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Buongiorno a tutti! Sono una paleografa con la vocazione per la scrittura e il pallino del Medioevo e delle sue storie. Amo la lettura, la buona musica, la poesia, la filosofia, l'arte, il cinema: in breve, qualunque espressione del buono, del bello e del vero. Nel 2011 ho vinto l'VIII edizione del premio letterario "Il racconto nel cassetto" con il racconto "Il Tamburo delle Sirene", pubblicato dalla Centoautori in "Il Tamburo delle Sirene e altri racconti" (2012). Ho collaborato con il sito di Radio CRC e con il giornale on-line "Citizen Salerno" e ora collaboro con la rivista on-line "Rievocare". Faccio parte del gruppo di living history "Gens Langobardorum" e come rievocatrice indipendente promuovo la Scuola Medica Salernitana, gloria della mia città. Nel 2020 ho pubblicato con la Robin "Mulieres Salernitanae. Storie di donne e di cura".
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