Ma chi è dunque Giovanna d’Arco? Da dove arriva questa ragazzina lorenese che in appena due anni cambiò le sorti della Guerra dei Cent’Anni e la storia del suo Paese, la Francia, che sembrava ormai in mano agli Inglesi? Possibile che una contadinotta di diciannove anni facesse così paura al re d’Inghilterra da smuovere mezzo mondo pur di toglierla di mezzo? Cosa c’è sotto, cosa c’è dietro?
Se lo chiesero tutti già allora, e tutti se lo sono chiesto nel corso della storia: storici, scrittori, romanzieri e drammaturghi anche del calibro di Shakespeare, perfino musicisti (visto che ricorrono i 200 anni dalla nascita di Giuseppe Verdi, ricordiamo che lui ha dedicato un’opera intera alla Pulzella, Giovanna d’Arco). E, naturalmente, registi. Ecco dunque infinite versioni della santa Pulzella, da quella immensamente e dolentemente mistica di Renée Falconetti nel muto La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer (1928) a quella di Ingrid Bergman, di volta in volta melodrammatica in Giovanna d’Arco di Fleming (1948) o lacerata tra spirito e materia in Giovanna d’Arco al rogo di Rossellini (1954). La maggior parte di queste pellicole, però, è tratta da opere teatrali, cioè da interpretazioni letterarie di Giovanna, e per giunta colta quasi sempre nel momento più estremo e drammatico della sua breve vita, quello del processo che la condannò a morte: come per dire che Giovanna è santa perché martire. Fino all’ultima versione, ovvero Giovanna d’Arco di Jean Luc Besson del 1999 (The Messenger, “Il Messaggero”, nella versione originale), dove la fin troppo bella Milla Jovovich dà il volto ad una Giovanna sostanzialmente più folle che santa: una ragazza traumatizzata nell’infanzia, e le cui visioni (conseguenza di quel trauma) non sarebbero state altro che il pretesto per vendicarsi contro gli Inglesi colpevoli di averle sterminato la famiglia davanti ai suoi occhi; una Giovanna “superba” e “crudele”, com’ella stessa si definisce nel dialogo finale con la sua coscienza, dalla personalità contorta, invasata più che visionaria; una Giovanna che, insomma, facciamo una gran fatica a immaginarci nella vita di tutti i giorni.
E invece la vera Giovanna non era niente di tutto questo: e lo possiamo dire con una bella dose di sicurezza perché di lei abbiamo gli atti dei processi. Non solo gli atti di quel processo-farsa imbastito dagli Inglesi, che non poteva concludersi se non con la sua condanna a morte: abbiamo anche quelli del processo di annullamento della sentenza, messo in piedi dallo stesso re di Francia Carlo VII, durante il quale si rintracciarono una per una tutte le persone che l’avevano conosciuta e si raccolsero le loro testimonianze. E fu proprio da questa base che il regista Jacques Rivette, tra i più apprezzati della corrente della Nouvelle Vague, partì nel 1994 per il suo film Giovanna d’Arco, fluviale pellicola di 5 ore e mezzo divisa in due episodi, Le Battaglie e Le Prigioni. Nel ruolo della Pulzella, Sandrine Bonnaire.
Ed eccola, finalmente, la vera Giovanna: la persona più semplice di questo mondo.
La vediamo per la prima volta e ci sembra una ragazza come le altre, un po’ magrolina, infagottata in una lunga veste rossa e in un mantello scuro, i lunghi capelli che le scendono sulle spalle. Così semplice eppure così speciale, misteriosa e cristallina al tempo stesso: non ha niente dell’invasata, eppure all’inizio viene creduta matta e derisa per la sicurezza con cui afferma di esser stata mandata da Dio per liberare la Francia; e non molla, Giovanna, con una caparbietà quasi infantile, fin quando non ottiene quel che vuole. Tanti piccoli episodi, introdotti da poche, telegrafiche indicazioni, scandiscono le tappe della parabola della Pulzella, dalla vittoria di Orléans all’incoronazione del suo re Carlo VII a Reims, dal suo arresto dopo una sortita andata male alla prigionia nel castello del conte di Lussemburgo, fino al processo e all’esecuzione a Rouen. Ne emerge un’eroina sicuramente, ma non una superdonna: piange, colpita da una freccia durante l’assalto a Orléans; ride e scherza con la figlia del suo carceriere, che le ha portato uno specchio per tagliarsi i capelli; si arrabbia anche, con i suoi compagni d’arme perché non sopporta le bestemmie. Una ragazza come le altre, cui sono state domandate cose dell’altro mondo: e che le fa “volentieri” per un solo motivo, gliel’ha chiesto Dio.
E questo mistero è lasciato intatto, mostrando non lame di luce o figure che spuntano dal nulla, ma semplicemente lei, Giovanna, che prega, e si rivolge ai santi che le appaiono (San Michele Arcangelo, Santa Caterina e Santa Margherita), con una familiarità che lascia esterrefatti: con loro può permettersi di mostrare la sua fragilità, di dire “non ho più la forza”, e di pretendere il loro aiuto quasi con prepotenza. E appare chiaro da dove la Pulzella attinge la sua forza, per travolgere gli Inglesi e riprendere Orléans come per affrontare la più terribile delle morti, quella sul rogo, con il nome di Gesù sulle labbra.
Dal punto di vista della ricostruzione storica, Giovanna d’Arco è in assoluto una delle pellicole migliori che abbia mai visto: Rivette riesce a rendere la realtà della Francia del primo Quattrocento con il piglio di uno storico, dal governatore di Orléans che si trova al verde per le spese di guerra, fino all’ambiente rude e duro degli uomini d’arme. Realistici anche i particolari degli abiti e delle armature; forse si lamenta un po’ troppo la prevalenza dei colori scuri, ma questa lacuna viene compensata tutta intera nella superba scena dell’incoronazione di Carlo VII, una gioia per gli occhi, minuziosamente ricostruita e curatissima nei particolari. Un cammeo a parte è la colonna sonora, curata nientemeno che da Jordi Savall: Quattrocento allo stato puro, con addirittura una variazione sul tema del celebre motivo L’homme armè, e che nella scena dell’incoronazione di Carlo VII tocca il sublime con la messa cantata.
Un gioiello insomma, per forma e contenuto, che si prende tutto il tempo per farci capire e meditare.
Mi evidenzio in Fb questa ” L’homme armè”, mica te ne spiace?
Per niente! Fai pure 😉 .
E, tanto per la cronaca, ho trovato anche il testo della “Ballade de la Pucelle”, di Jordi Savall
Arrière Anglais coués, arrière
votre sort si ne règne plus
pensez d’en tronquer la bannière
que bons Français ont rué jus,
par le voulour du roi Jésus
et Jeanne la douce Pucelle ;
de qoui vous êtes confondus
dont c’est pour vous dure nouvelle.
De trop orgueilleuse manière
longuement vous êtes tenus;
En France est votre cimetière
dont vous êtes pour foulx tenus;
Faussement y êtes venus,
mais par bonne juste querelle
tourner vous en faut tout camus,
dont c’est pour vous dure nouvelle.
Or imaginez quelle chère
font ceux qui vous ont soutenus
depuis votre emprise première :
je crois qu’ils sont morts ou perdus,
car je ne vois nulle ni nus
qui se présent de vous se mêle
sinon chétifs et malotrus,
dont c’est pour vous dure nouvelle.
Pour vos gages il est conclu,
ayez la goutte et la gravelle
et le cou taillé rasibus
dont c’est pour vous dure nouvelle.
Indietro, Inglesi codardi, indietro
il vostro destino non regna più
pensate di spezzare il vessillo
che i bravi francesi hanno eretto,
Per il volere del re Gesù
e Giovanna la dolce Pulzella
da cui siete rimasti confusi
il che per voi è una brutta notizia.
In modo troppo orgoglioso
vi siete comportati per tanto tempo
In Francia è il vostro cimitero
dove vi siete comportati da folli
Falsamente siete ci venuti
ma dopo una buona giusta battaglia
ci andrete via tutti ammaccati
il che per voi è una brutta notizia.
Ora immaginate quale festa
fanno quelli che vi hanno sostenuto
dalla vostra prima impresa
Io credo che sono morti o persi,
perchè non vedo niente e nessuno che si presenta
per unirsi a voi
se non ammaccati e malandati,
il che per voi è una brutta notizia.
Per i vostri guadagni è finita,
avete la gotta e i calcoli renali
et il collo storto,
il che per voi è una brutta notizia.
(traduzione a cura di Iole de Angelis)
Di fronte a questa ragazza c’è da restare in silenzio. La sua vita è un mistero, un mistero biblico. Lei è la nuova Giuditta che si insinua nelle tende di Oloferne per la salvezza del popolo, lei è il nuovo Samuele che indica David come re che governa il popolo.
Un Dio che si prende cura del suo popolo e vuole dargli il re che Lui si è scelto. E si serve di uno strumento così inadeguato come la Pulzella d’Orleans.
Tutto ciò è profondamente medievale credo.
Incomprensibile per noi del 2013, ormai frammentati e non più popolo, governati da parvenu, mediocri e cortigiane.
Al massimo possiamo pensare che Giovanna fosse schizofrenica.